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Problemi Piccioni di città

  • Il problema igienico-ambientale

    Il primo impatto che si ha con i piccioni di città è nella maggior parte dei casi negativo, perché non è certamente bello essere colpiti dal guano che ci piove addosso dai fili e dalle grondaie. Il guano causa ingenti danni igienico-ambientali, poiché gli escrementi dei piccioni contengono acidi che penetrano nelle strutture di laterizio o di pietra diluite dalla pioggia o dalla umidità. Anche le strutture metalliche subiscono lesioni e danni a causa della capacità corrosiva del guano, innescando processi di degrado a volte irreversibili. In determinate condizioni, infatti, la sostanza organica evacuata dai piccioni avvia un processo riproduttivo a catena con altri microbi che a loro volta possono diventare elementi distruttori dei materiali di costruzione.

    Una particolare attenzione va posta quindi nella verifica dello stato di "salute" dei tetti, delle grondaie, delle strutture lignee e delle impermeabilizzazioni, in particolare verificando i luoghi di più difficile accesso.

  • Il problema igienico-sanitario

    Il rapporto di convivenza tra l'uomo e il piccione si traduce il più delle volte a sfavore dell'uomo, poiché ben 60 malattie vengono imputate alla presenza del piccione di città: alcune di queste malattie possono essere addirittura letali, altre invece colpiscono con fastidiose conseguenze le vie respiratorie.

    I "veicoli" di queste malattie sono il guano e le zecche. 


    Il GUANO

    Il guano contiene spesso elementi patogeni che il piccione ha rilevato dall'ambiente, ma che l'uomo può assumere attraverso le vie respiratorie (il guano essiccato si polverizza e il vento lo trasferisce molto pericolosamente nell'aria) o attraverso i commestibili sporcati dai piccioni.


    LE ZECCHE

    Le zecche sono i più fastidiosi parassiti del piccione di città e spesso si traferiscono dal piccione all'uomo con gravissime conseguenze. La puntura della zecca può dar corso a infezioni con decorso asintomatico per i particolari anticorpi presenti nel corpo umano, ma nel caso ciò non avvenga, si possono manifestare sintomatologie che vanno dalle macchie cutanee alle meningiti o a malattie cardiache.


    (Trovate un ulteriore approfondimento nell'articolo di E. Andreani tratto da una rivista scientifica).

IL COLOMBO COME PORTATORE E TRASMETTITORE DI AGENTI INFETTIVI PATOGENI PER L'UOMO - di ERNESTO ANDREANI

  • INTRODUZIONE

    Il colombo è ricettivo a diversi agenti patogeni classificabili tra i virus, gli schizomiceti e tra i parassiti. Di tutti gli agenti responsabili di malattie più o meno gravi per il volatile, alcuni possono essere trasmessi da quest'ultimo all'uomo, nel quale determinano fenomenologie cliniche plurime, ed anche di notevole gravità. Tra gli agenti trasmissibili si annoverano Salmonelle, Chlamydia psitacci, Erysipelotrix insidiosa, Mycobacterium avium, Toxoplasma gondii, ecc. I primi due sono quelli maggiormente diffusi tra la popolazione aviarie, con molte occasioni di estendere il contagio all'uomo. Gli altri raramente si riscontrano nel piccione, il cui ruolo nella diffusione del contagio è del tutto insignificante. La nostra attenzione si rivolgerà, quindi alle salmonelle e a chlamydia psittacci responsabili rispettivamente della Salmonellosi o paratifo e della Chlamydiosi o ornitosi.

  • SALMONELLOSI

    La diffusione dell'infezione nell'ambito di una stormo è legata principalmente all'ingestione da parte di animali sani di acqua di bevanda e di cibi contaminati con deiezioni di animali infetti.

    Non è da escludere, tuttavia, una trasmissione verticale dalla madre al neonato tramite l'uovo infetto. Il germe penetra per via digerente e si localizza nell'intestino, dove provoca un'enterite più o meno grave.

    Alcune volte dall'intestino, attraverso la sottomucosa, può entrare nel circolo sanguigno dando origine a quadri clinici estremamente variabili.

    I giovani implumi sono spesso ritardati nello sviluppo, mostrano debolezza accompagnata da parziale o completa inappetenza.

    Negli adulti le piume intorno alla apertura anale sono sporche di feci di colorito giallastro, a seguito della costante diarrea.

    La temperatura rettale è alcune volte elevata, altre al di sotto della norma, in relazione alla gravità e alla durata dell'infezione.

    Nei soggetti con infezione acuta è spesso presente ristagno del cibo nel gozzo e diarrea.

    Sintomi nervosi, con manifestazioni di torcicollo, opistotono, e altre deviazioni della testa sono osservabili con maggior frequenza nei giovani soggetti che in quelli adulti.

    Di rado fanno la loro comparsa le artro sinoviti croniche, che interessano in particolar modo l'articolazione omero-ulnare e la tibio-metatarsale e sono caratterizzate generalmente, da rigonfiamento, rigidità e dolorabilità.

    Focolai di infezione associati con lesioni croniche sono inclini a perdurare nello stormo per periodi piuttosto lunghi.

    I soggetti che sopravvivono alla malattia, e ciò accade in particolar modo in quegli stormi in cui l'infezione è enzootica, possono diventare portatori ed eliminatori del germe per periodi più o meno lunghi.

    Noi stessi, in collaborazione con il Prof. Caroli dell'Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Pisa, abbiamo realizzato un'infezione per via orale in 18 piccioni, parte con salmonella typimurium varietà copenaghen, rilevando che quelli infettati con il primo tipo diventavano eliminatori del microorganismo con le feci per periodi variabili da 3 a 15 giorni, in quelli inoculati con il secondo le salmonelle venivano isolate dalle feci per oltre un mese.

    Tali dati concordano con quelli riscontrati da Bechir (1979). Anche il quadro clinico variava a seconda del tipo in causa, tale quadro era molto più grave nei soggetti infettati con Salmonella typimurium varietà copenaghen (S.T.V.C.).

    L'infezione realizzata con S. Gallinarum decorre in forma asintomatica ed il piccione elimina il germe con le deiezioni soltanto per 3-4 giorni (Aydin e coll.1978).

    All'esame necroscopico i soggetti morti per setticemia presentano lesioni patologiche molto evidenti. Il fegato è aumentato di volume, interamente congesto e certe volte di colorito grigio marrone, la milza è moderatamente ingrandita e appare lievemente violacea.

    È presente congestione polmonare e focolai caseosi sono occasionalmente apprezzabili nei polmoni.

    Nell'infezione cronica o subacuta raramente si rilevano gravi lesioni negli organi interni.

    Quando la localizzazione della salmonella avviene a livello dell'encefalo le ossa craniche sono talvolta molli e in apparenza di colorito giallo.

    Non sono infrequenti encefaliti con lesioni degenerative a carico del cervello dovute ad una primaria localizzazione del germe che determina altresì ascessi nelle articolazioni, nell'ovaio e nella pelle.

    Le alterazioni intestinali sono molto pronunciate nei giovani soggetti e caratterizzate da una infiammazione catarrale del piccolo intestino.

    La diagnosi clinica di malattia non è facile, data la molteplicità dei sintomi con cui si manifesta, alcuni dei quali del tutto simili a quelli apprezzabili in altre affezioni come la Clamyodiosi.

    È ovvio che la diagnosi certa si baserà sulla messa in evidenza del microorganismo, tramite esame colturale da effettuarsi su campioni di feci o di organi interni (fegato, milza e cistifellea). Il test sierologico di agglutinazione lenta in tubi, realizzato utilizzando antigiene a base di S.T.V.C uccisa con formolo, non sempre dà buoni risultati. In proposito Meyer, Ropke e Raddei (1978), controllando campioni di siero di sangue per anticorpi di 39 volatili dagli organi dei quali avevano isolato altrettanti stipiti di salmonella, hanno registrato soltanto 31 risposte positive.

    I piccioni, pur essendo recettivi a tutti i sierotipi del genere salmonella, si infettano tuttavia con maggior frequenza con il tipo Typimurium e nell'ambito di tale tipo frequentissima è la varietà copenaghen.

    Rari invece sono i casi di isolamento di altri tipicome riportato nelle tabelle 1 e 2.

    Anche Andreani e coll. (1976), esaminando 219 piccioni del centro storico di Firenze, hanno isolato dal contenuto intestinale, fegato e milza 26 stipiti di salmonella (11,89% sul totale degli animali controllati) tutti appartenenti al tipo di S.T.V.C..

    L'alta frequenza con cui tale salmonella, come è noto priva del fattore somatico "5", si rileva nei piccioni, giustifica pienamente la denominazione di tipo "piccione", attribuita ad essa Edwards nel 1938.

    Solo pochi ceppi appartenenti ad altri tipi sono stati evidenziati molto spesso in allevamenti di colombi da carne, che come è noto, sono inquinati di sovente con i più svariati tipi. Il motivo di tale reperto nel piccione non è di facile spiegazione.

    Si potrebbero invocare per i germi con questa particolare struttura antigienica una maggior specificità di ospite, dovuta a una più spiccata ricettività di questo all'infezione.

    Ciò costituisce uno tra i pochi esempi di Salmonellosi strettamente specifica per un ospite e pertanto è da ritenere che la sorgente di infezione da questo sierotipo per l'uomo e per le differenti specie animali e per altro materiale (alimenti, acque ecc.) sia sempre direttamente o indirettamente legata alla malattia nel piccione.

    L'uomo ha molte occasioni di contagiarsi. Si tratta, infatti, di una specie di volatile assai diffusa nelle città italiane, che ha ampie possibilità di contaminare con le feci l'ambiente, come piazze, fontane, giardini pubblici, davanzali, soffitte, mercati, depositi alimentari, carri ferroviari per il trasporto di derrate in sosta alle stazioni ecc., tutti luoghi di abituale raccolta degli uccelli. Gli stessi consumi di carne e di uova contaminati sono stati ritenuti responsabili di episodi di tossinfezione umana (Gullotti e coll. 1959).

    Una valutazione, comunque, della incidenza di infezioni umane da salmonella typhimurium di provenienza dal piccione non è facile, anche in considerazione del fatto che, sebbene esso sia portatore in natura in altissima percentuale di S.T.V.C., non si devono escludere per l'uomo infezioni del medesimo sierotipo, seppure con minor frequenza, da altre fonti di contagio.

    Noi stessi (Andreani e coll.) abbiamo isolato 2 stipiti di S.T.V.C. da feci di cane. Le prove di tipizzazione, comunque, basate su indagini sierologiche per definire il mosaico antigienico somatico degli stipiti, su test biochimici e sull'azione batteriofagica, hanno contribuito a ricavare solo elementi di presunzione sui tipi circolanti con maggior frequenza nel piccione, che abbiano un eventuale rapporto epidemiologico con analoghi tipi occasionalmente reperiti anche nell'uomo.

    Da tutte le indagini espletate emerge concordemente che la stragrande maggioranza degli stipiti isolati dal piccione, in special modo da quello semidomestico, dei centri cittadini, risultano appartenere al tipo S.T.V.C. (Wuthe 1971, Muller 1972, Oye e Borghijs 1973, Van Leeuwen e Guinòe 1975, Andreani e coll. 1976) e per contro gli episodi di infezione con lo stesso tipo nell'uomo sono in numero piuttosto limitato. Sholtens e Caroli (1971) riportano anche di 5500 casi di salmonellosi riscontrata nel 1969 in diversi paesi europei, solo in un focolaio nel quale sono state coinvolte 17 persone ed in altri 2 sporadici casi è stata evidenziata S.T.V.C..

    Si deve pertanto dedurre che il piccione rappresenta per la salmonellosi una fonte di contagio trascurabile per l'uomo. Alla medesime conclusioni sono pervenuti Farrant e coll. (1964), Scholtens e Caroli (1971), Wuhuthe (1972) e Oye e Borghijs (1973, 1979).

  • CLAMYDIOSI

    Si tratta di affezioni che colpiscono l'uomo, quasi tutti gli animali domestici e selvatici e moltissime specie di volatili, sostenute da un microrganismo appartenente al genere Clamydia Trachomatis e C. psittaci. Le due specie si distinguono fra di loro in base alla suscettibilità alla sulfonamide e all'accumulo di glicogeno (colorazione con iodio) all'interno delle inclusioni C. psittaci è sulfamido-resistente e negativa alla iodio-colorazione. In modo opposto si comporta C. trachomatis.

    Ciascuna specie include una grande varietà di ceppi con differenti proprietà biologiche e sierologiche.

    Ad esempio, C. trachomatis comprende lo stipite della polmonite del topo e 15 sierotipi di origine umana.

    Quattro di questi (denominati A, Ba, B e C) sono regolarmente associati con il tracoma endemico che porta alla cecità, mentre il tipo D è normalmente collegato con le infezioni della sfera genitale e con forme di congiuntivite dell'uomo.

    Quali agenti del linfogranuloma venereo si ritrovano di solito i siero tipi L1, L2,e L3 di C. trachomatis (Schachter and Caldwell 1980).

    Mentre è stato possibile classificare i vari stipiti di C. trachomatis in gruppi in funzione del tropismo e delle differenze antigieniche riscontrate, non altrettanto è stato fatto per C. psittaci.

    Allo stato attuale, per quest'ultima non si può fare altro che attribuire l'appellativo di varietà ovis, caprae, bovis, avium ecc. a seconda delle specie animali da cui si ottiene e ciò nonostante tutti i tentativi di classificazione operati dai molti A.A. che si sono occupati dell'argomento in diverse parti del mondo.

    Nell'ambito degli stipiti di C. psittaci, comunque, sono state riscontrate alcune proprietà differenziali. Una di queste caratteristiche riguarda la maggior patogenità per l'uomo dei ceppi ottenuti da pappagallo rispetto a quelli isolati dal piccione e da altri animali.

    La prima segnalazione d'infezione da Clamydia nel piccione risale al 1940 in Sud Africa a opera di Coles. L'anno successivo Meyer riscontrò la stessa infezione in colombi degli U.S.A.

    Da allora numerosi ricercatori in diversi Paesi hanno eseguito indagini volte a meglio definire il quadro clinico della malattia e a chiarire alcuni dei molti punti oscuri della epidemiologia, richiamando altresì l'attenzione sul ruolo che può rivestire il piccione ai fini della trasmissione del contagio all'uomo.

    Per il nostro paese degni di nota sono le indagini sull'incidenza dell'infezione nel piccione, i cui dati scaturiti da studi siero-epidemiologici sono riportati nella Tabella 3.

    Di essa si rileva che la percentuale di animali positivi per anticorpi anti-Clamydia è piuttosto elevata nei soggetti dei centri storici delle città e nei colombi viaggiatori.

    È lecito precisare che non sempre vi è corrispondenza tra sieropositività e presenza del germe nell'organismo.

    Meyer (1965) negli U.S.A. trovò il 25,4% di positività sierologica, pervenendo all'isolamento del microrganismo solo nel 18,8% dei volatili esaminati.

    Non bisogna d'altra parte dimenticare, come è capitato di osservare a Babudieri (1966), che questi ultimi possono essere eliminatori in assenza di anticorpi serici.

    I dati esposti nella Tabella 3 stanno a significare che l'infezione permane nelle grosse comunità allo stato enzootico.

    Del resto per la vita in  comune che i volatili conducono, numerose sono le occasioni di contagio intraspecifico.

    La malattia si trasmette in genere per via areogena con particelle infette e con minor frequenza per via digerente.

    Quest'ultima modalità si realizza in particolar modo nei neonati con la somministrazione di cibo da parte di madri infette.

    Nei soggetti ammalati in forma acuta la Clamydia viene abbondantemente eliminata con il secreto nasale e con le deiezioni.

    Questi prodotti morbosi, sparsi nel suolo, sui posatoi, nelle piume degli animali infetti, hanno la possibilità di venire largamente disseminate in forme di minutissime particelle nell'ambiente, in seguito agli spostamenti e al volo degli uccelli medesimi. In una comunità, la propagazione del contagio oltre ad animali con la malattia in atto, è dovuta il più delle volte a soggetti con infezione latente e a uccelli infetti di altra specie come passeri, cornacchie, civette, gufi, merli, ecc. con i quali convivono spesso i piccioni.

    Non si può escludere una trasmissione della madre tramite l'uovo infetto e anche per mezzo di ectoparassiti (Gorovitis e coll. 1979).

    L'infezione nel piccione decorre di frequente in forma latente, asintomatica.

    Talvolta può evolvere tuttavia in forma clinica manifesta, con fenomeni di ordine generale come febbre, anoressia, astenia e cointeressamento dell'apparato respiratorio svelato da dispnea e da presenza di essudato nelle prime vie aree.

    Con una certa frequenza, si osserva inoltre congiuntivite acuta bilaterale, dato questo a cui dovrebbe attribuirsi particolare valore diagnostico.

    Le lesioni anatomo-patologiche apprezzabili nelle forme acute possono essere rappresentate da: mucosa nasale congesta, ricoperta di essodato mucoso, splenomegalia accentuata in particolar modo nei soggetti adulti; fegato ingrossato, con arrotondamento dei margini, di colorito giallo ocra e cosparso di piccoli focolai di necrosi, mucosa intestinale iperemica, congestione ed edema polmonare, più raramente focolai disseminati di polmonite, essudato sierofibrinoso in pericardio, peritoneo e nei sacchi aerei.

    Un vetrino preparato a partire dall'essudato di questi organi opportunamente colorato permette di evidenziare microscopicamente numerosi corpi elementari di Clamidya ai primi stadi di sviluppo nel citoplasma di monociti e di cellule epiteliali.

    Il ruolo del piccione di città nella trasmissione dell'infezione all'uomo sembra essere irrilevante in base a quanto riferito anche A.A, da Storz (1971).

    I piccioni presenti nelle strade, nelle piazze e nei giardini solo occasionalmente costituirebbero un pericolo per le persone, che si infetterebbero per via respiratoria tramite particelle di polvere di escrementi infette essicate.

    La Clamydiosi umana di provenienza del piccione è stata rilevata in modo particolare in allevatori e amatori di questo volatile.

    Dalla Tabella 4 (Durfe 1975) si constata che su 165 casi di Clamydiosi umana diagnosticata nel 1974 negli U.S.A., solo 10 (6%) del totale riconoscono quali fonti di contagio il piccione.

    Se si tiene conto che in tale percentuale sono compresi tutti i casi di malattia trasmessi dal piccione, compresi quelli riscontrati negli allevatori ed amatori di questo volatile, si deve dedurre che il numero di casi di infezione di provenienza del piccione semidomestico di piazza sia del tutto irrilevante.

    Le stesse considerazioni possono essere fatte per i 1072 casi rilevati in Cecoslovacchia al 1964 (Tabella 5 Strauss and Sery 1964) dei quali ben 1040 riconoscevano una fonte di contagio differente dal piccione.

    Per ciò che concerne il nostro Paese, gli episodi di malattia segnalati nell'uomo a partire dal 1950 a tutt'oggi sono circa 70, che sotto forma di casi sporadici e di piccole epidemie spesso a carattere familiare hanno interessato 9 regioni.

    È da precisare che nella realtà i casi effettivi indiagnosticati e diagnosticati, ma non resi noti, sono in numero notevolmente superiore.

    Babudieri (1966) riteneva che circa il 5-10% dei casi dei casi di polmonite cosiddetta atipica fossero dovuti a Clamydiae.

    Dei descritti, comunque, il numero di quelli derivati dal piccione a quanto si è potuto accertare as eguito di indagini amnestiche e di laboratorio, risulta irrilevante.

    Tra i pochi casi ricordiamo quelli descritti da Babudieri (1966), i quali isolarono la Chlamydia da piccioni di Modena e di un centro cittadino del Veneto che avevano avuto contatti con degli ammalati.

    Mentre in altri casi rilevati a Genova e a Pesaro la connessione tra malattia nell'uomo e infezione nel piccione fu suffragata da risposte positive a test sierologici effettuati sui volatili.

    A sostegno della scarsa importanza che riveste il piccione nella diffusione del contagio sono calzanti gli esempi di città come Venezia, Firenze, Milano, Pisa, ecc. dove, pur essendo numerosissima la popolazione di uccelli, scarsissimi sono al contrario, i casi di infezione riportati nell'uomo.

    Da recenti informazioni, assunte presso i reparti ospedalieri di Firenze e Pisa specializzati in malattie infettive, risultano due soli casi di Clamydiosi diagnosticati negli ultimi tre anni nel primo e nessuno nel secondo. Dei due pazienti colpiti uno faceva l'allevatore di piccioni. 

    Parimenti bassa sulla base dei risultati scaturiti da indagini d'ordine sieroepidemiologico eseguite su persone sane, è la percentuale di individui (intorno al 2%) in cui sono presenti anticorpi anticlamydia.

    Queste percentuali di positività sono destinate naturalmente ad aumentare quando si prendono in considerazione persone ospedalizzate con processi infiammatori a carico dell'apparato respiratorio.

  • PREVENZIONE E TRATTAMENTO DELLA SALMONELLOSI E CLAMYDIOSI NEL PICCIONE

    Il controllo di queste due affezione nei piccioni semidomestici di città è estremamente difficile da realizzarsi sia per le numerosissime occasioni che si presentano loro di contagiarsi (contatti con le moltissime altre specie aviare portatrici portatrici di infezione)sia per la scarsa disponibilità di presidi profilattici.

    I vari tipi di vaccini sperimentati nei riguardi della Salmonellosi non si sono dimostrati del tutto efficaci. Si tratta di preparati allestiti con ceppi di S.T.V.C. inattivati con il calore o con la formalina il veicolo oleoso o meno somministrati per via orale o parentale. I risultati migliori si sono ottenuti nei soggetti inoculati per via parentale, in cui la vaccinazione è riuscita a impedire la sintomatologia clinica, ma non lo stato di eliminatore del germe per periodi più o meno lunghi (Bechir 1979, Bechir e coll.1979). Pochi e non sufficientemente studiati sono i vaccini allestiti nei confronti della Clamydiasi.

    Il trattamento degli animali infetti con sulfamidici e antibiotici è stato utilizzato con successo nella salmonellosi. Klinger e Morgenstern (1971) riferiscono di aver curato soggetti ammalati con furazolidone e ossitetraciclina per via orale, alla dose di circa 50 mg. pro die a capo per 3 periodi di 10 giorni intervallati da 10 giorni.

    Dopo il trattamento scomparvero i sintomi morbosi e il germe non fu più isolato dalle feci.

    Così pure la somministrazione per via parentale o orale di tetracicline, 100 mg. per kg di peso vivo, per alcuni giorni è sufficiente, secondo Arnstein e coll. (1964), a far scomparire nei soggetti ammalati i sintomi di Clamydiosi e ad interrompere lo stato di portatore e di diffusore del microrganismo.

  • CONCLUSIONI

    Sulla base di quanto esposto sulla Salmonellosi e Clamydiosi, pur tenendo conto dell'alta incidenza con cui risultano infetti i piccioni delle nostre città, soprattutto per ciò che concerne la Chlamydiosi, e pur non sottovalutando, quindi, il potenziale pericolo che essi rappresentano ai fini della trasmissione del contagio all'uomo, è da ritenere che questi nella realtà dei fatti rappresentino una sorgente di infezione trascurabile.

    Rari sono i casi di Salmonellosi di derivazione dal piccione accertati nell'uomo e quei pochi riconoscono in prevalenza un contagio conseguente alla ingestione di carni o di uova contaminate.

    Mentre per quanto riguarda i casi di Chlamydiosi di derivazione sempre dal piccione, la maggior parte è dovuta a contatto con piccioni infetti e ne vengono colpiti specialmente allevatori del volatile e contadini.

    Alla luce degli ultimi dati ottenuti da Andreani e coll.(1983) sulla Chlamydiosi degli ovini, meriterebbe di essere approfondito il ruolo che riveste detta specie animale ai fini della trasmissione del contagio alle popolazioni agricole.

    Questi A.A., infatti tramite indagini di ordine sierologico e batteriologico, hanno riscontrato un'alta incidenza della malattia in greggi della Toscana.

  • ALIMENTAZIONE

    I colombi sono uccelli granivori ad abitudini stanziali, che nidificano su costoni e pareti rocciose.

    Queste esigenze sono totalmente soddisfatte dall'ambiente urbano dove gli uffici, con i loro anfratti e rifugi, riproducono certi aspetti dell'ambiente naturale del colombo.

    La gran massa di rifiuti e di residui umani fornisce poi a questi uccelli cibo abbondante, con un minimo dispendio energetico .

    La città è dunque per essi un ambiente ecologico ideale a cui si sono sempre più adattati per il loro passato di animali domestici, ma anche per altri fattori quali la mancanza di predatori nelle aree urbane, un microclima assai favorevole, la scarsa competizione per le fonti di cibo.

    Si è calcolato che un piccione consuma circa 30 grammi di alimenti al giorno, pertanto una popolazione di 1000 capi "consuma" 30 chili di mangime al giorno in parte "offerti" dalla popolazione residente e in parte "prelevati" direttamente nelle zone verdi o presso le discariche.

    Si può intuire, se valutata a larga scala, anche quanto è l'incidenza in termine di costo della presenza di una così numerosa colonia nel centro urbano.

    L'alimentazione del piccione comporta anche l'ingerimento di piccoli sassolini o scorie inerti che facilitano la digestione.

    Non sempre però il piccione reperisce questi inerti al suolo, ma li va a cercare scarnendo con il becco o con le zampe le parti più tenere della muratura o dei monumenti .

    Anche in questo caso, si tratta di danni enormi se si mettono in conto le spese per il restauro o il rifacimento di parti murarie.

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